Avevo bisogno di qualche strumento in più per leggere tra le trame dei vestiti che affollano il mio negozietto.
Qualche dato, qualche indicazione per adottare comportamenti sempre più attenti e responsabili. Un vocabolario per imparare ad associare ciascuna fibra, ciascun simbolo e ciascuna etichetta il giusto significato.
E ho trovato tutto questo nei due volumetti “Vestiti che fanno male” (Rita dalla Rosa, Edizioni Terre di Mezzo) e “Meglio nudi che inquinati” (Anna Maria e Brian Clement, Edizioni il Punto d’Incontro).
Due testi diversi ma comunque ricchi di spunti, da cui ho appreso innanzitutto che dietro i vestiti c’è davvero un mondo non solo di lustrini e tendenze, ma anche (purtroppo) di sostanze da cui guardarsi, di sfruttamento e di consumo smodato di risorse, rispetto alle quali però esistono valide alternative.
Dalla lettura di questi due saggi ho ricavato inoltre il mio speciale “vademecum” per la scelta dei capi da indossare, e nello specifico anche dei capi usati da proporre a L’Antina:
1) (quasi) sempre è una questione di etichetta. Purtroppo nel settore è ancora consentito (anche perché la regolamentazione è vecchia e fumosa) l’utilizzo di sostanze che, è comprovato,
provocano allergie e hanno livelli di tossicità importanti.
2) Prima di passare dalla cassa chiediamoci se quello che abbiamo compulsivamente tolto dallo scaffale ci serve veramente. Qui sta la chiave per cambiare davvero il corso del
mercato e lo stato di salute del Pianeta. “Tutti noi manteniamo il potere di minimizzare i rischi per la nostra salute adottando semplici precauzioni e comportandoci in maniera oculata
riguardo alle scelte di vestiario e alle opzioni di acquisto che ancora abbiamo” (“Meglio nudi che inquinati”, pagina 16)
3) Non tutte le sostanze sono uguali, né in termini di effetti sulla nostra pelle che in termini di impatto ambientale per la sua produzione.
4) Usato è meglio! E il perché è anche scientifico oltre che etico: “il bello dei vestiti usati è che non contengono più tracce delle sostanze chimiche che sono state
impiegate per realizzarli: il tempo e i numerosi lavaggi a cui sono stati sottoposti nella loro vita precedente hanno eliminato ogni residuo pericoloso” (“Vestiti che fanno male, pagina
105)
5) La scelta dei detersivi da usare non va presa alla leggera. “Il modo in cui scegliamo di prenderci cura dei nostri indumenti riflette l’attenzione che abbiamo per il nostro
corpo e per l’ambiente. (…) La scelta apparentemente semplice del detersivo da usare può avere implicazioni più ampie. Dal momento che la famiglia media fa circa 300 bucati l’anno, i prodotti che
scegliamo hanno potenzialmente un enorme impatto sul nostro benessere personale e collettivo” (“Meglio nudi che inquinati”, pagina 115).
Senza contare che, come ci ricorda Rita Dalla Rosa, "le dosi indicate sulle confezioni di detersivo possono essere tranquillamente ridotte di un terzo, anche perchè le lavatrici a risparmio
energetico di nuova generazione usano meno acqua di quelle di una volta (45 litri a lavaggio contro i 100-110 di dieci anni fa) e, come è facile intuire, nei panni sciacquati con poca acqua
rimangono più facilmente tracce di detersivo" (pagina 57).
Dunque, per ricapitolare: compriamo meno, scegliamo con cura quello che acquistiamo preferendo l'usato al nuovo oppure scegliendo un nuovo che sia etico e sostenibile, laviamo i nostri capi con
detersivi ecologici e, in ogni caso, leggiamo con attenzione le etichette (evitando di tagliarle solo per fattori estetici) per preservare l'integrità e la durata delle nostre cose, oltre che
dell'ambiente.
Non è difficile!:)
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Cheyenne Leeks (giovedì, 02 febbraio 2017 11:01)
You actually make it appear so easy along with your presentation but I to find this matter to be really something that I believe I'd by no means understand. It kind of feels too complex and extremely extensive for me. I am looking forward to your subsequent post, I'll try to get the dangle of it!
Latina Trusty (sabato, 04 febbraio 2017 07:22)
Incredible quest there. What happened after? Good luck!